09 gennaio 2010

IL VECCHIO



Montegalda, 9.5.2005. Ho pensato alla vita contadina delle nostre zone. Una scena ricorrente nei “ tempi andati”, il sedersi del capofamiglia fuori della porta di casa dopo cena, guardandole “cose” con un senso di soddisfatta contemplazione e… sorseggiando a lungo, più d’un bicchiere di “ vino fatto in casa”, non trattato, prima di finire a letto. La poesia si ispira a un fatto accaduto, che ho rivissuto in maniera tutta mia.



Stava seduto il vecchio dopo cena
sulla panchina fuori della porta
con il cappello a tese larghe in testa
due baffi irsuti ed una barba incolta
la pipa nel taschino
ed un boccale
pieno di vino.
Indifferente alla calura estiva
guardava le sue bestie
tornare in fila lente e abbeverarsi
al fontanile
andando ognuna sazia alla sua posta.

Erano ottanta gli anni
e quella sera
aveva sete, tanta sete il vecchio
di quel suo vino rosso
appena attinto dalla botte grande
e gli ammiccava come a una donzella
pensando ai tempi della gioventù;
ma d’improvviso gli tremò la spalla
e un piede,
preso alla gola e al petto da una stretta
e gli sfuggì di mano quel boccale
come già i sogni dalla sua memoria.

Scosse la testa e riguardò smarrito
le nubi del tramonto
i suoi fienili colmi ed il bestiame
il cane alla catena
e l’acqua al fosso per l’irrigazione
i prati e i campi fino alla collina
i suoi ricordi e la famiglia intera
e il tutto che s’obnubilava
e si rammaricò
degli anni
e di quel nettare
finito tra la polvere dell’aia.

Con voce roca che s’affievoliva
gridò alla sposa ed invocava mamma,
tendendo la sua mano contadina
come quand’era bimbo ai primi passi
la sua manina,
ma solo il cielo
di lui s’accorse
e il canarino dalla gabbia in fronte
che smise di cantare.

Il vecchio ripiegando lentamente
il capo e su se stesso
ormai assente come se in ascolto
d’altre felicità,
cullato dalla sera, là si spense.

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