31 maggio 2010

claustrofobia

La claustrofobia? In fin dei conti è il rigetto del grembo e la paura della “tomba”… Come farlo capire a chi ce l’ha ?

30 maggio 2010

televisione

Per sapere quanto una nazione è assennata o incretinita, basta guardare i suoi programmi televisivi e i rispettivi indici di ascolto.

29 maggio 2010

l'istinto

Noi siamo nati con l’istinto di imporci e sovrapporci agli altri. E non siamo felici finché qualcuno non ci sta ai piedi.

28 maggio 2010

MONTEGALDA






Come non ricordarti, o Montegalda,
paese mio natale
fertile gemma della Valpadana?
Sembri terra di tutti e di nessuno,
ma sei patria di Conti e di Marchesi
e di scrittori e d’uomini d’affari,
di contadini e di lavoratori
che scrissero la storia col sudore
e con i figli
unica loro lettera d’amore.
Quando ritorno tra le tue colline
ripercorrendo svelto le tue vie
nuove, asfaltate
e vedo le tue case
moltiplicarsi come gli anni miei,
insorgono i ricordi dell’infanzia
e quel tuo volto
antico
e polveroso
ormai scomparso.

Rivedo il tuo castello in alto, quasi
sospeso nel mistero
la chiesa vecchia sopra uno spuntone
e il cimitero
e quella nuova ancora in costruzione
col campanile obliquo dall’inizio
e le due piazze il giorno del mercato
e il municipio e il fiume Bacchiglione
così grandi quand’ero piccolino
così piccoli addesso che son grande.

Appena scolaretto,
furtivamente andavo ad esplorare
le tue strade dai nomi singolari
fino alla ferrovia, vicino ai nonni,
e a quel suo ponte
bersagliato negli anni della guerra
e mai caduto,
fino a Colzé e a Veggiano
e a Grisignano
dov’erano sepolti i nostri cari.

Salivo le colline sopra il dosso
per guardarti dall’alto come un fiore
- piccolo mondo antico -
con petali ed un cuore
e un suo profumo
e dilatarmi oltre i confini tuoi...
Mai pensavo che un giorno avrei solcato
i cieli contemplando monti e fiumi
deserti e campi e agglomerati umani
e isole e mari d’ogni continente.

Era compagna mia la bicicletta
senza fanale, con un solo freno
ed una delle ruote ricomprata
servendo
la Messa delle cinque del mattino:
due anni a piedi, solo per chilometri
nel buio o nella nebbia
tra inafferrabili fruscii e fantasmi
per, finalmente, correre più rapido
di tante mie paure!

Mai dimenticherò quella casetta
tutta mattoni rossi senz’intonaci
con una croce in calce sull’ingresso
quella casetta
dove nascemmo i quindici fratelli,
espropriata della terra attorno,
con una stalla, il pozzo ed un porcile
ed il cortile
e un letamaio e l’orto e il fosso in fronte
ed alberi da frutto.

Su cinque campi in prestito vivemmo
lontani, senza mezzi per raggiungerli
e con due mucche appena
che generosamente
donarono per anni
il vitellino.
Col loro latte
e il maialino
e le uova contate del pollaio
coi brodi di verdura
e le patate
tanta polenta
e un pane solamente
ai dì di festa,
pigiati in una stanza per dormire
senza riscaldamento o luce o doccia,
crescemmo ed imparammo che la vita
per quanto tribolata
o impoverita
pur sempre è poesia.

Come tant’altre, la famiglia mia
si costruì da sola
con l’eroïsmo semplice e indifeso
di mamma e di papà
lasciati a parte dalle istituzioni
civili perché troppi erano i figli.
Per mantenere gli ultimi arrivati
e pure me già entrato in seminario
sacrificarono i più grandicelli
gli studi e lavorarono di braccia
sciamando altrove ancora tenerelli.

Dopo ventisett’anni ti lasciammo
con dei rimpianti forse,
o Montegalda,
in cerca d’una casa, d’altra terra
e d’altri amici.
Ora di noi non resta che il cognome,
inciso -mi s’è detto-
sotto la trave bassa del granaio
dove risalivamo da bambini
per vivere di sogni e di nient’altro
e per giocare.

Poco è rimasto di quei sogni, poco
di quel tuo volto
e della mia casetta,
o Montegalda,
e pochi mi conoscono se torno!
Ma tu semplicemente mi sei dentro,
sia pure come fantasia assopita
d’un vincolo incompiuto,
e tale mi rimani, colorita
d’una pudica, dolce nostalgia.

27 maggio 2010

la carriera

Anche un immeritevole può far carriera purchè abbia un amico ai vertici… Un vecchio proverbio dice: “Soldi e amicizia accecano la giustizia”.

26 maggio 2010

popoli

Certi popoli stanno troppo bene per accorgersi che altri stanno troppo male.

24 maggio 2010

impatto mediatico

L’impatto mediatico fa ridere e piangere; ridere e piangere in massa;… ti trovi “dentro” come per un raptus; sei là con tutti, come tutti e non sai perché!

23 maggio 2010

LE ACQUE DEL TEVERE


Roma, 20.05.2010. Attraversando Ponte Sisto, uno dei tanti ponti di Roma, che ha già una storia, non indifferente! Ponte Sisto fu costruito da Papa Sisto IV negli anni 1473-1479 sulle fondamenta del ponte romano di Agrippa, chiamato anche "ponte Aurelio", o "ponte Antonino" o "ponte di Valentiniano" , in quanto rifatto da questi; nel medioevo fu conosciuto come "pons fractus" o "pons ruptus"… Serviva la Via Aurelia. Pensando a quanta acqua “è passata sotto questo ponte”, a quanta gente, a quanta storia ci è passata sopra, e vedendo ogni giorno il ripetersi di scene indimenticabili benché così ordinarie, non potevo che trarne una conclusione più “filosofica” che estetica; più vicina all’uomo non credente che all’uomo di fede, che trova crescenti riscontri nella cultura occidentale; dove il titanismo nietchiano finisce nel piacere effimero d’un qualsiasi godimento, scivolosamente in discesa anche se illusoriamente in scalata. Per questo ci si domanda se credere a un eterno ritorno o se aspirare a un cielo “eterno” e “non scendere mai più”.

Le acque del Tevere, da sempre, vanno…
Vanno le scorie inerti, e i tronchi morti,
unendosi, aggirandosi, lasciandosi…
Vanno ludicamente abbandonati
alla corrente i nobili gabbiani
e l’anatre selvatiche; si tuffano,
si sciacquano sbattendo l’ali in festa
o rimbalzando sù, a volo radente;

Gli uomini lungo gli argini e sui ponti,
chi rapido chi lento, anch’essi vanno;
e guardano e immortalano con foto
l’onda di quei momenti e dei ricordi
coscienti, forse gli unici, che tutto
confusamente scorre ad una foce
e perde la sua identità nel mare
d’un destino implacabilmente amaro.

Ma l’uomo avverte pure un cielo e un sole
che richiama quell’acqua fin lassù
e la trasforma in nuvole leggere;
anch’esse vanno libere, col vento
e di lassù, vedendo quanto è triste
fluire dentro gli argini d’un mondo
così imbrattato com’è il mondo umano
sognano di non scendere mai più.

22 maggio 2010

21 maggio 2010

20 maggio 2010

TRA LE ANDE


Sento cantarmi ancora immenso il volo
dei condor tra le cime delle Ande:
correnti d’aria pregne di profumi,
grida di gioia, ali spiegate e immobili
tra sole e nubi e picchi e precipizi
sul cuore gonfio dei torrenti in piena;
errano come sogni liberati
dall’intristita frenesia dei giorni
in ampi giri pieni di mistero.


Ma sento risalire anche il silenzio
d’alberi abbarbicati l’uno all’altro
che succhiano con brividi invisibili
l’acqua tra i muschi delle rocce;
ed ogni foglia è immersa nell’ebbrezza.
Vibrano in esso e sole e luna e stelle,
e il buio ostile della selva e grida
e sobbalzi sfuggenti d’animali
e il trepido mistero d’ogni parto.


Alberi amici, quanto siete veri
dicendomi il sapore della vita
pur tra intricati, oscuri fondovalle!
Condor in volo sulle nevi eterne,
con quanta poesia mi ritessete
l’incanto d’orizzonti oltre ogni morte.
Con voi mi affiora impercettibilmente
la nostalgia d’un Grembo ch’è da sempre
e mi riavvolgerà nel suo mistero.

19 maggio 2010

vertici

Chi entra nei vertici di una struttura, entra in un progressivo isolamento che è poi una progressiva chiusura…

18 maggio 2010

17 maggio 2010

16 maggio 2010

l'equilibrilio

Un bambino
che incomincia a correre
in bicicletta
può indicare che,
muovendosi,
una società
può ancora ritrovare
un equilibrio.

15 maggio 2010

LA RUOTA DEL MULINO



Disse la ruota del mulino all’acqua
“Perché costringermi a ruotare sempre
come vuoi tu?”
“Sono costretta anch’io - rispose l’acqua -
a scendere tra queste feritoie
a capofitto contro le tue pale....

“Ma tu riprendi subito la corsa
- commentò la ruota - e vedi il cielo
e nuvole di fuoco e uccelli in volo
e piante e case e gente alle tue sponde,
e accogli pesci
e sfoci finalmente in mare aperto...
mentre io ruoto sempre su me stessa
inquieta e prigioniera
qui tra due muri
fradici di muschi e di rifiuti.
Mai più vedrò quei monti dove crebbi
felice
svettando rigogliosa sopra il bosco!
Un giorno sciagurato fui recisa
e trascinata a valle;
e mi si fece ruota e niente più”...
“Fu un altro ad asservirci al suo potere
- riprese l’acqua -
contro di lui ben poco noi possiamo!
Ci ha messe insieme pur così diverse
con intenti -si dice - superiori:
per fargli la farina e l’olio e il mosto
il taglio delle pietre e del legname
e tante cose che lo fanno grande...
In tempi di tecnologie elettroniche
in cui egli inquadra tutto
in un secondo
noi siamo ancora più
perdenti
e non ci resta
che d’essere obbedienti...
La libertà che sogni
per ogni creatura
di costruirsi e d’essere se stessi
in pace
purtroppo è in mano solamente all’uomo
perché ci ha intelligenza e volontà...

Stroncò la ruota quel discorso all’acqua
“Vuoi forse dire che l’uomo ci ha ragione
a fare tutto ciò
che fa?”
L’acqua insistette quasi con sussiego:
“Ma non ti basta che, sia pur costrette
e sorpassate,
facciamo insieme progredire il mondo?”
“Ma quale mondo? - cigolò la ruota
scoppiando d’ira -
L’uomo, sopra com’è, neppure valuta
le aspirazioni di chi gli è subalterno...
Per quanto belle, forti ed importanti
serve noi siamo e serve rimaniamo
d’uno che detta leggi
secondo i suoi interessi...
A progredire è solamente lui...

Che è mai il progresso
se non si include un Terzo
che possa giudicare
l’intemperante fantasia dell’uomo?
Non è che la follia
d’un genio
che esperimenta tutto ma non sa
dove risieda
la sua felicità!

14 maggio 2010

cultura televisiva

La cultura televisiva guida all’autoaffermazione individuale massificandone i desideri…
Ne aumenta l’intensità , ne diminuisce l’originalità.

13 maggio 2010

12 maggio 2010

COME PIETRE NEL FRANTOIO


Le pietre della cava, dalle forme
vive, fantastiche,
brutalmente gettate nel frantoio
sussultano tremanti
tra le spire d’un rullo compressore
che stritola la loro identità
appena nata
e polverizza il loro sogno d’essere
altrove, in evidenza, cesellate
dentro una costruzione.

E finiscono
frantumate in anonimo cemento
tra gli ingranaggi, mossi
da chi negli alti vertici
insindacabilmente
ne stabilisce la destinazione.

10 maggio 2010

LA GOCCIA NELLA NOTTE


 
La goccia nel silenzio della notte
con ritmo cadenzato
cade dalla grondaia
del tempo
sul mio presente
che lentamente
sprofonda nell’inverno.

E non mi resta che ascoltarne l’urto
sull’erba incanutita dalla brina;
un urto semispento
che tuttavia m’affina
in fantasie di mondi indefinibili
non bui, non muti
non fradici di terra.

09 maggio 2010

08 maggio 2010

burocrazia

Non ho mai visto un cammino più umiliante di quello della burocrazia…
Ogni impiegato è un generale pronto a “prostrare” i suoi clienti ai propri piedi…

07 maggio 2010

06 maggio 2010

LA VECCHIA

Dicembre 2001. Una Barbona in piazzetta Garibaldi sul Gianicolo (Roma), piena di statue d’illustri personaggi simbolicamente evocata come Piazza della Rimembranza, stava sistemandosi su una panchina per la notte.

La Vecchia a passi lenti,
un lurido sacchetto sulle spalle
raggiunge la panchina più lontana
e siede.

Punta il bastone a terra
le mani sul bastone
la testa sulle mani
sepolta nel cappotto
e sta
ricurva, là
come una statua...

E tu da questa parte
osservi
il suo silenzio
e il senso d’una vita
abbandonato
ai margini
del grande parco della Rimembranza…

05 maggio 2010

sistemi filosofici

L’uomo ha una scarsa comprensione di sé.
Per questo continua a creare nuovi sistemi filosofici.

04 maggio 2010

le società

Ogni società produce un suo modo di vivere:
- in base a dei valori insiti nella natura umana o – come dicono altri – acquisiti per esperienza;
- in base poi ai membri più o meno impulsivi più o meno razionali, nel vivere questi valori;
- in base, infine, alle circostanze che li rendono più o meno attuabili.

03 maggio 2010

l'assassino

Il più grande assassino è colui che ti ammazza le quattro idee giuste che hai in testa.

02 maggio 2010

DALLA MIA FINESTRA


Guardando il tramono autunnale dalla finestra di casa che dà sul giardino con tre magnifici pini che filtravano il sole e le nuvole che avanzavano stracariche di pioggia, era quasi naturale sentirne un'eco "esistenziale" dentro...


Erano labbra
di fuoco
le nuvole nel vespro,
sono effluvio di lacrime
già nella notte.


Dal buio
della mia finestra
ascolto
il brusio d’una terra
pur stanca di produrre.

01 maggio 2010