12 marzo 2010

CANTA LA SUA NOTTE


Roma, 3.10.2007. Chi è nato in campagna sente il sapore della notte, le sue misteriosità e ricchezze, con le paure e con le estasi che suscitano. Da grandi, il buio non fa più paura, fa soltanto riflettere sull’infinito, come diceva il Leopardi, su quel qualche cosa che ti supera e vorresti afferrare e che ti umilia al solo ascolto d’un usignolo che canta la “sua” notte. Una notte che non è notte… se non per l’uomo che l’ascolta. E, forse, neppure per lui se invece dell’istinto della “ragione” segue l’istinto del “cuore”! Non di rado l’uomo si da ragioni che la ragione stessa non capisce! E, incapsulato “dentro la chioma” del suo egoismo, diventa triste… senza neppure la capacità di vivere o di ripetere la felicità di un uccellino.


Solo, nel buio d’una fitta chioma
delle ghiandaie oltre la masseria
un usignolo canta la sua notte
con nitida, struggente tenerezza
che scende come brezza
in riverberi d’armonie interiori
e di ricordi.

Lo ascolti quasi fosse la tua voce,
a lungo…
guardando il cielo,
in una pace che t’affievolisce
anche il dolore;

né sai perché
e per chi mai
da un cuore così piccolo e solingo
sprigioni
tanta canorità.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutti siamo tra le ghiandaie delle nostre chiusure e delle nostre oscurità anche se cantiamo con infinita tenerezza la nostra notte. Bella, bella. Cristina (arrivata per caso al blog di questo prete)

Kante Luis ha detto...

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