15 dicembre 2010

A CENA DA ME, SIMONE, QUESTA SERA…

 Roma, 25.09.2009. Festa di S. Luca Evangelista e  medico che nel suo Vangelo ha messo in risalto i valori della femminilità… e la capacità  divina di recupero di qualsiasi “peccatore” che Cristo aveva in sé;  con la condanna di chi pensava, invece, di non esserlo e di non avere bisogno di misericordia.
È una rilettura in versi del brano evangelico a tutti noto (Lc.7.36-50).

Questo Gesù di Nazareth
fattosi guaritore, né so che altro,
da falegname ch’era fino a ieri
lo invitano o s’invita ovunque;
cena  da un  peccatore delle tasse
da chi si vende come prostituta
da un ricco fatto scendere dall’albero.
Tardi, ma  finalmente, sta venendo
anche da me, Simone, il fariseo
vissuto in religiosa sobrietà
l’esperto nella legge,
che ama il confronto aperto… e lui lo sa!

Quest’uomo di neppure quarant’anni
lunghi i capelli, sguardo impenetrabile
senza una moglie ma non senza amici
sorride e mi saluta
ma osserva attorno, quasi trascurandomi
entra, siede come in attesa d’uno
e, quasi d’intesa,
accetta da una donna  baci ai piedi
e lacrime e capelli che li asciuga”…
Un dubbio, un dubbio almeno,
in me, Simone, scriba dignitoso,
ribolle  insieme al sangue:

“Se lo sapesse, lui che legge i cuori
che donna è mai venuta questa sera
qui  tra i piedi, anzi, ai piedi d’uno solo
senza un pudore, un po’ di galateo                                
che salvi la mia immagine”…
Ma Lui: “Simone, perché stai pensando
male di lei…
e ancora più di me?
Lei  ha già ammesso i tanti suoi peccati,
il danno che s’è fatta
e che vi ha fatto…
e m’ha riconosciuto più che profeta.

Tu m’hai invitato a cena e rendo grazie.
Già  le vivande dicono la festa
che hai riservato a me
e a questi miei,
ma non m’hai offerto l’acqua
per le abluzioni né un asciugatoio.
Tu non m’hai dato il bacio dell’amico
né una goccia di profumo al capo;
lei molto ha speso
e s’è gettata  a terra;
e tutta rannicchiata nel suo nulla
m’ha sparso ai piedi questo suo  profumo…

Chi  insegna la ritualità cultuale
ma senza amore
quello che sgorga puro dall’Altissimo
e inonda chi si umilia,
si chiude in pregiudizi invalicabili…
Lei ha avvertito la verginità
dell’Infinito che si china all’uomo
e smacchia in un istante il suo passato;
perciò m’ha tanto amato.
Né altro aveva da dare al suo Signore
per quel suo debito, che il suo amore
ma ripulito.

Ai  convitati tuoi, se  titubanti
ch’ io possa perdonare,  e a te, Simone,
l’invito a ripensarmi
uno… non come voi, non da quaggiù;
né posso non guardarla, se le dico:
“Sorella, la tua  fede t’ha salvata”…
Per lei da adesso tutto è novità,
Simone, oltre il piacere;
tutto si muta in  slancio e  gratuità.  
“Sorella, sia con te la pace mia
e  il mio sorriso splenda sul tuo volto;
a chi ti cerca dona il  mio amore”.


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