09 settembre 2010

L’AURORA È GIÀ UN TRAMONTO


Benguela, Angola. Finito il mio ciclo di Conferenze, ieri ho ripreso un appunto di qualche settimana fa quando un anziano di Roma, con lunghi sospiri, mi narrava la sua perplessità o amarezza vedendosi così diverso, non solo fisicamente, da quando era giovane. Mi sono identificato in lui.
Stamattina, in attesa di ripartire per Roma - via Luanda - Lisbona -, dalle 4.40 alle 6.30, sto ripensandolo in versi, mentre, dalle 5.28 in poi, mi sta provocando il vocio degli uccelli che nidificano qui attorno, sotto ogni grondaia. La felicità dell’uomo non corrisponde alla loro. Cerca altre profondità, e nel confronto, si fa ancora più pensosa…. Tanto più, in una notte di luna piena, non priva di risonanze leopardiane.
Riemergono tutti i perché della filosofia e dell’etica umana e delle rispettive aberrazioni nell’interpretare e vivere in qualche maniera il mistero dell’autocoscienza e dell’autonomia. E ci si domanda, con Giovanni Pascoli, se sia meglio che “non ci sia altra felicità, oltre il cantare, il beccare e l’amare”.

L’aurora è già un tramonto
e niente più s’abbarbica nel cuore
dei pochi fiori di felicità
che questa terra deformata m’offre.
Ogni bellezza incanutisce svelta
né resta che il sospiro del declino
che intenerisce il volto di tristezza.


Se già si spegne quella fantasia
che tante sintonie mi suscitava
con mondi umani e cosmici,
che è mai quel senso d’immortalità
che a tratti mi ritorna nelle vene
alimentando il gusto di quaggiù
la brama di perenni primavere?


È tutta un’illusione, solo mia,
che muore con la morte?
A Chi, da incogniti aldilà, sottende
quest’universo, imploro ora il respiro
d’una speranza satura di fede
che mi conturbi sì, ma ricolori
il duro quotidiano; o è già notte!

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