
2005.10.17. Dopo la pubblicazione di Frammenti di Luce, fui attaccato da un mio benevolo critico impregnato di immanentismo scientista, chiuso nel suo “ermetismo” “frutto del tormentato, frammentato, a volte incomprensibile pensare e sentire d’oggi”. Mi fu spontanea una vivace rilettura “poetica” dell’uomo d’oggi, dopo che avevo visto alcune “ben poco comprensibili” pitture-sculture nelle Piazze di Padova e perfino dentro l’Università. Pitture-sculture che (come tanta poesia) restano un enigma e riflettono la psiche non tanto di chi le ha fatte quanto della società occidentale che le ha maturate. . .
L’arte è per sé intuitività, immediatezza, sintesi di comunicazione. Dovrebbe parlare da sé d’una immanenza orientata al trascendente, d’una trascendenza scopribile a partire dall’immanente; non dovrebbe aver bisogno di troppa esegesi. Se no, ne è l’involuzione. Oggi l’uomo occidentale è l’involuzione di se stesso. Una solitudine in un mare di comunicazioni, dove i contatti non sono che scontri di “gusci” alla deriva….
Uomo del duemila,
tuffato in immanenze filosofiche
e in futuristiche
tecnologie informatiche
tu insisti a definirti libertà
pura che sa
e sottomette
e detta legge
indefinitamente
come se un appetito anche perverso,
fosse diritto umano;
così tu esalti la schizofrenia
magmatica
della ragione e della volontà
in una società di manichini
narcisisticamente
al centro di se stessi…
Tu, maschera d’un idolo
forgiato da una fantasia iperbolica
e trasbordato all’oggi
sull’onda illuministica,
sei la commedia irenica
d’una tragedia
costretta a sopravvivere
come orizzonte d’ogni desiderio…
Tu stesso ti sei fatto
pittore inquieto
degli infrarossi d’una società
ridotta a massa compiuterizzata
dove il tuo nome è un numero
che si singolarizza in stravaganze
di vesti, d’ornamenti, di tatuaggi
e il tuo cammino
un navigare incerto
tra oroscopi ed occulti magicismi
tra satanicità ed esoterismi
o un furbo arrampicarsi nel successo
o nel denaro
tra tante quotidianità appiatite
fino allo sbando.
E in scritte ermetiche da bassifondi
o in quadri di valore, indecifrabili
tu ti dipingi come distorsione
di forme e di colori
come corporeità
narcotizzata
da musiche e profumi
e droghe psichedeliche
per sensazioni estreme,
come lo sguardo vitreo
d’occhi rappresi
nell’insignificanza
d’un volto decomposto,
come baldanza desocializzata
caustica e impaurita
in una terra che non t’è più amica
e dentro un cielo senz’interiorità.
Rimossa
l’aspirazione cosmica d’un “cuore”
oltre il tuo io
e l’universo,
tu, scrutatore del transpersonale
e dell’inconscio
tutore d’una scientificità
disinibita
dall’atomo alle stelle, al cromosomo,
trasudi nel pennello la vertigine
di non capirti.
L’arte è per sé intuitività, immediatezza, sintesi di comunicazione. Dovrebbe parlare da sé d’una immanenza orientata al trascendente, d’una trascendenza scopribile a partire dall’immanente; non dovrebbe aver bisogno di troppa esegesi. Se no, ne è l’involuzione. Oggi l’uomo occidentale è l’involuzione di se stesso. Una solitudine in un mare di comunicazioni, dove i contatti non sono che scontri di “gusci” alla deriva….
Uomo del duemila,
tuffato in immanenze filosofiche
e in futuristiche
tecnologie informatiche
tu insisti a definirti libertà
pura che sa
e sottomette
e detta legge
indefinitamente
come se un appetito anche perverso,
fosse diritto umano;
così tu esalti la schizofrenia
magmatica
della ragione e della volontà
in una società di manichini
narcisisticamente
al centro di se stessi…
Tu, maschera d’un idolo
forgiato da una fantasia iperbolica
e trasbordato all’oggi
sull’onda illuministica,
sei la commedia irenica
d’una tragedia
costretta a sopravvivere
come orizzonte d’ogni desiderio…
Tu stesso ti sei fatto
pittore inquieto
degli infrarossi d’una società
ridotta a massa compiuterizzata
dove il tuo nome è un numero
che si singolarizza in stravaganze
di vesti, d’ornamenti, di tatuaggi
e il tuo cammino
un navigare incerto
tra oroscopi ed occulti magicismi
tra satanicità ed esoterismi
o un furbo arrampicarsi nel successo
o nel denaro
tra tante quotidianità appiatite
fino allo sbando.
E in scritte ermetiche da bassifondi
o in quadri di valore, indecifrabili
tu ti dipingi come distorsione
di forme e di colori
come corporeità
narcotizzata
da musiche e profumi
e droghe psichedeliche
per sensazioni estreme,
come lo sguardo vitreo
d’occhi rappresi
nell’insignificanza
d’un volto decomposto,
come baldanza desocializzata
caustica e impaurita
in una terra che non t’è più amica
e dentro un cielo senz’interiorità.
Rimossa
l’aspirazione cosmica d’un “cuore”
oltre il tuo io
e l’universo,
tu, scrutatore del transpersonale
e dell’inconscio
tutore d’una scientificità
disinibita
dall’atomo alle stelle, al cromosomo,
trasudi nel pennello la vertigine
di non capirti.
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