Roma, 28 agosto 2007. Pensando a S. Agostino ed alla sua immensa cultura umana; al suo cammino verso l’Assoluto e alle sue scoperte ultraterrene, mi sono venute in mente le famose “nebbiate” keniane del mese di agosto, e quelle della pianura veneta nei mesi invernali, così dense da non vedere niente. Le ho rivissute nel contesto culturale d’oggi, assetato di “felicità umane assolute”, che non lo saziano e che lo spingono maledettamente ( perché non vorrebbe che fosse così) a ricercare “un qualcosa” che le sorpassi, anche se non sa precisamente “che cosa”.
Nebbia dovunque densa come schiuma
nel tardo inverno
su campi e strade
e tra le case;
nebbia che impregna le ossa ed il pensiero
e i suoi cammini;
nebbia che tu respiri tutto il giorno
sulle vessate strade della vita;
t’impregna e scende dalla testa al cuore
e fa tremare
anche l’amore…
e tu non puoi che andare
seguendo la deriva della storia;
nebbia dovunque sbronza d’edonismo
che stordisce la fantasia più nitida
e più non offre stimoli essenziali
e segni di sapienza
da dentro il muro grigio
dell’apparenza…
Eppure ancora speri
che anche la nebbia
sia un modo d’essere quasi divino
dell’universo umano
il quale anela e vive
benché confusamente
di quella luce che traspare dentro…
1 commento:
Una speranza nella nebbia della disperazione che speranza è? Ma questo divino che cos'è mai? Una illusione da preti plagiati nella loro formazione fin dall'adolescenza per cui ripetono frasi fatte? A questo punto è meglio vivere senza un domani. Guglielmo, universitario, Filosofia.
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