BUONA VIGILIA PASQUALE E BUONA PASQUA DI CRISTO
Spesso non si guarda ai chiodi e più ancora alla ferita al petto di Gesù . Per Giovanni ebbe un significato speciale a causa di quel sangue misto ad acqua che ne uscì, simbolo d'un mistero di comunione tra Cristo e la Comuntà dei Battezzati chiamati da ogni dove a “fare corpo”, suo corpo sacerdotale, come premessa e strumento di redenzione dell'umanità tutta, col “gusto del martirio”, se richiesto.
QUEI
CHIODI
Li
sento sbattere nel mio cervello
e
conficcarsi dentro i quattro chiodi
che
i due crocifissori
smartellano
sul giovane Gesù
gettato
a terra e nudo e su una croce
che
già ne assorbe brutalmente il sangue.
Spine
a corona
penetrano
la testa sua, e le sento
come
sarcasmo d'uomini violenti
su
pretesa regalità fallita
e
su una vita
conclamata
d'origine divina.
Sconvolgono
e mi penetrano
nei
polsi delle mani e dentro i piedi
quei
colpi a ritmo d'urlo lacerante
e
mi ci trovo con il buon ladrone
a
riprovare una agonia e una morte
la
tua Gesù, distrutto dal dolore;
e
a chi ti seguirà da buon pastore
pronostichi
lo stesso tuo Calvario
che
l'alta intelligenza del potere
civile
o religioso può sancirgli
perché
fiorisca la misericordia
anche
su chi non sa quello che fa.
Magrin don Giuseppe
QUEL
COLPO DI LANCIA
Era spirato appena
quel corpo penzoloni dalla croce
con alla testa spine micidiali
e, sopra, il titolo della condanna:
Gesù
di Nazareth, Re dei Giudei.
Stava al centro, sul Golgota roccioso
e nudo quanto un cranio,
tra due ladroni
ed urla laceranti e implorazioni...
La Madre sua e gli amici lo guardavano
smarriti nel dolore,
sapendo l'innocenza di quel Figlio.
Un centurione più che sconcertato
da quanto succedeva in quel meriggio
non senza oscuri segni di consenso
in cielo
per quello strano Re,
ma pure abituato
a liturgie di morte,
con una trepida lanciata al fianco
firmò il decesso
di quel respinto dalla propria gente...
che s'ostinava a non vederlo Dio,
l'atteso dai profeti, il Salvatore.
Un solo colpo
e quella lancia gli raggiunse il cuore
da cui sgorgarono a rilento lacrime
di sangue e d'acqua,
le ultime, quali gemme incomparabili
d'un perenne, più che mai vivo, amore.
Magrin
don Giuseppe